I 100 anni di Luciano Battiston, "deportato n. 126625 a Mauthausen"
Arrestato dai fascisti a Fagnigola, è sopravvissuto alla tragedia dei campi di concentramento. Gli auguri dell'Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti
Oggi, 28 ottobre 2023, Luciano Battiston compie 100 anni! Un’età da grande saggio. Ma non solo. Bisogna considerare che Luciano Battiston ha passato l’inferno. Quell’inferno ha un nome che gli stessi tedeschi avevano delfino: “un mulino da ossa”, ovvero Mauthausen.
«Sono il numero 126625, ecco cosa ho imparato a Mauthausen» ricorda Luciano Battiston ex deportato.
Fu arrestato a Fagnigola il 6 gennaio del 1945 dal capitano Arturo Vettorini, appartenente alle cosiddette Bande Nere di Pordenone, in seguito a una rappresaglia per il sabotaggio della linea telefonica tedesca di Azzano X. Costretto in carcere fino al 13 gennaio, fu processato all’Albergo Moderno di Pordenone, sede del comando nazista e condannato a morte assieme ad altri 12 compagni.
«Per loro – ricorda Battiston – eravamo partigiani da fucilare, solo perché non c’eravamo presentati ai repubblichini e tedeschi, dopo l’armistizio dell’8 settembre».
Nove furono passati per le armi, per gli altri tre, assieme a diversi ulteriori prigionieri, si aprì la via del Lager. Luciano ha lavorato per diversi giorni nella cava di pietra di Mauthausen, il Kommando più temibile. Caricavano rocce pesantissime sulla schiena dei deportati: «Dovevamo salire la scala di 186 gradini. Chi cadeva, ne trascinava altri dieci, perché eravamo legati. In fondo alla scala, agli sventurati le SS sparavano il colpo di grazia. Poi i cadaveri erano gettati dentro un laghetto e la corrente se li portava al Danubio. Per loro il crematorio non serviva più». Chi lavora lungo la scala della morte, non sopravvive più di un mese.
L’assegnazione ad altri servizi del campo, compreso il crematorio, permettono a Luciano di non morire. Così viene anche impiegato nel crematorio dove si bruciano i cadaveri di coloro che muoiono di stenti e fatica.
Bastonate sempre, appello al gelo in piena notte. Promiscuità assoluta, si dorme gli uni a ridosso degli altri, a coltello: uno di testa, l’altro di piedi. Un’unica sbobba al giorno. La fame accompagna ogni momento della vita. «Certe volte, per mangiare di più – racconta Luciano – aspettavamo che i kapò buttassero via le immondizie nei bidoni vicino alle baracche. Il primo che arrivava metteva quasi tutto il corpo dentro il bidone, così mangiava senza prenderle, perché i kapò, per mandarci via pestavano tutti quelli intorno».
Tornato a casa, Luciano era ridotto a 28 kg di sofferenza, irriconoscibile da sua madre stessa. Ammalato di tifo, guarisce dopo una lunga convalescenza. Nel dopoguerra, nei processi intentati contro i fascisti, che avevano collaborato a farlo arrestare, Luciano seppe perdonare i suoi persecutori in seguito al perdono che le madri delle vittime a loro volta seppero offrire. Tutto ciò non gli è valso a scongiurare, sempre nel dopoguerra, la necessità di andare a cercare lavoro all’estero, prima in Francia e poi in Venezuela.
Oggi vive serenamente con la sua famiglia, felicemente circondato dall’affetto dei suoi cari, della moglie, delle figlie e dei nipoti.
E oggi, mentre lo festeggiamo con grande gioia, ci assale nuovamente una domanda: Entriamo nell’età della memoria con la “m” maiuscola. Pochissimi sono ancora i sopravvissuti ai Lager nazisti, oltre a Luciano nella nostra provincia abbiamo ancora Antonio De Nardi, deportato a Dachau.
Il tempo nel quale dovremo “arrangiarci” da soli è alle porte. Saremo degni figli di questi padri?
Il mondo sembra non aver capito cosa è successo nella vecchia Europa soltanto 78 anni fa.
Il rischio che si apra l’età dell’oblio non è da sottovalutare. Il “mai più!” proclamato dagli ex deportati e dall’ONU, sembra ora una vana promessa. Guerre e massacri si susseguono sotto i nostri occhi smarriti. L’uomo sembra non aver imparato molto dal suo recente passato. Luciano Battiston continua a ricordarcelo. Noi possiamo solo impegnarci a mantenere quella grande promessa di giustizia sociale e collaborazione pacifica tra stati e popoli.
Tanti auguri al caro Luciano! Un abbraccio da tutta l’ANED!
Patrizia Del Col - Presidente
Associazione Nazionale ex Deportati nei campi nazisti
Sezione di Pordenone