rotate-mobile
LA STORIA

Dal Cro di Aviano all'America, il ritorno in Italia del "cervello in fuga": gli studi sul tumore di una ricercatrice pordenonese

L'intervista alla Dottoressa Sara Lovisa che racconta i sogni realizzati, seguendo la sua passione per la scienza e quali sono le sue speranze per il futuro della ricerca

La dottoressa Sara Lovisa, nata a Pordenone nel 1983, è una giovane ricercatrice dell'Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, a pochi passi da Milano. La scienza è sempre stata la sua strada e ha capito, sin da quando frequentava il liceo scientifico Michelangelo Grigoletti, che lo studio era per lei una vera passione che voleva portare avanti per tutta la vita.

Laureata in Biotecnologie mediche all’Università di Padova nel 2008, dopo il dottorato conseguito presso l’Università di Udine nel 2012, ha realizzato il suo primo sogno, quello di lavorare nel Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (Cro). Nel 2013 la ricercatrice si è trasferita negli Stati Uniti per un training post dottorato al M.D. Anderson Cancer Center dell’Università del Texas a Houston.

Nel 2020 è rientrata in Italia, in piena pandemia, con il supporto di Fondazione Veronesi, prima di ottenere il grant AIRC Start-Up, la borsa della durata di 5 anni, un finanziamento AIRC assegnato ai ricercatori che abbiano già maturato un'esperienza di ricerca oncologica in Italia o all'estero.  Offre la possibilità di sperimentare la conduzione del proprio progetto in una struttura italiana di eccellenza per intraprendere la propria carriera indipendente.

Dott_Sara_Lovisa_2

Dottoressa Sara Lovisa, quando è nata la sua passione per la scienza?

«Ho frequentato il liceo scientifico Grigoletti, di cui conservo un bellissimo ricordo, perchè andare a scuola e studiare mi piaceva veramente tanto. Nella grande indecisione di quel momento, in cui mi piaceva un po’ tutto, ho realizzato soprattutto che mi piaceva studiare. Quindi mi sono poi concentrata su quale fosse un lavoro che mi permettesse di studiare per tutta la vita e la ricerca è stata la risposta naturale a questa domanda. Mi sono Laureata in Biotecnologie Mediche a Padova. Per concludere il percorso di laurea dovevamo fare una tesi sperimentale ed è lì che ho cominciato a frequentare il Cro, il centro di riferimento Oncologico di Aviano, prima per la tesi di Laurea, sui meccanismi del cancro legata alla proliferazione incontrollata delle cellule tumorali e poi per il percorso di dottorato di ricerca. Io sono originaria di Azzano Decimo e il Cro era il faro. Volevo andare a fare ricerca assolutamente lì, perché è un’eccellenza nell’ambito della ricerca sul cancro. Riuscire ad andare a lavorare lì, dal 2007 a fine 2012, è stato il primo sogno che si realizzava».

C’è una figura che l’ha ispirata per intraprendere il suo percorso di studi e professionale

«Non a livello di università, ma quando poi ho iniziato a lavorare mi hanno ispirato i miei capi che sono ricercatori affermati, tra cui il direttore del dipartimento di oncologia molecolare del CRO, Gustavo Baldassarre: mi hanno insegnato, spronato a fare meglio e sempre di più, confermando questo mio tipo di percorso. Da ragazza, ricercatrice, Rita Levi Montalcini è stata ed è una fonte di ispirazione, un modello irraggiungibile e un mito».

Quando è andata e come ha vissuto negli Usa?

«Il secondo sogno nel cassetto che volevo realizzare era quello di riuscire a fare ricerca, di andare negli Stati Uniti e fare un’esperienza lì. Si è aperta l’opportunità di andare per un post-doc, un periodo di formazione post dottorato, all'Md Anderson Cancer Center a Houston, in Texas, lì i miei studi si sono approfonditi ed ampliati, studiando da un lato il microambiente tumorale, tutto ciò che sta attorno al tumore, tutto l’ambiente circostante che è fatto di un sacco di cellule diverse, che possono favorire o anche cercare di bloccare la progressione tumorale. I miei studi in America rispetto a quelli di Aviano sono stati molto diversi, sebbene nell’ambito della ricerca sul cancro, in un certo senso, però, è come se avessi cambiato argomento per riuscire a raggiungere lo scopo di avere una conoscenza completa. Al Cro mi sono occupata maggiormente di tumore al seno e tumore all’ovaio, all'Md Anderson Cancer Center a Houston, in Texas, soprattutto di tumore al seno, pancreas e reni».

In quel periodo sentiva anche la mancanza dell’Italia? Di cosa in particolare?

«Sono stata 7 anni a Houston. L’ambiente universitario e l’ambiente di ricerca è bellissimo. C’è gente da tutto il mondo, c’è molta condivisione internazionale, è un ambiente molto dinamico, si tende a passare in laboratorio un sacco di ore, ci sono molte domande a cui rispondere, c’è molta interazione. Mi è piaciuto poter dedicare questi anni totalmente alla ricerca. La cosa che mi è mancata di più mentre ero negli Stati Uniti è stata poter camminare sotto i portici di Pordenone. Io sono andata in America con l’obiettivo di tornare. La mia idea è sempre stata quella di andare, formarmi ad altissimi livelli e fare ricerca qui in Italia. L’essere venuta a conoscenza di questi finanziamenti che Fondazione Airc metteva a disposizione di chi voleva rientrare ha ulteriormente spinto la mia motivazione di rientrare».

Dove vive e di cosa si occupa attualmente. Quali sono i progressi delle sue attuali ricerche?

«Al momento è un po’ presto per parlare di risultati. Il progetto che è finanziato dall'Airc, però, oltre a studiare quelli che sono i meccanismi cellulari, potrebbe portarci a capire chi ha un’alta predisposizione a sviluppare un tumore, in presenza di questa infiammazione cronica. Lo scopo finale è quello di applicare i risultati che noi abbiamo per capire preventivamente chi è a più alto rischio e avrebbe una ricaduta a livello diagnostico. Sono assolutamente speranzosa riguardo al futuro della ricerca, abbiamo un sacco di strumenti a nostra disposizione per capire le malattie e l’altra cosa fondamentale è che, soprattutto all’Istituto Humanitas, a Rozzano (MI) dove mi trovo io, c’è tantissima interazione. Ricercatori e medici lavorano a stretto contatto per l’obiettivo comune. Questo ci permette di fare delle ricerche che siano facilmente applicabili».

Quanto sono importanti le persone che scelgono di donare per la ricerca scientifica?

«Le persone che scelgono di donare per la ricerca scientifica sono fondamentali. Senza queste donazioni a fondazioni come Airc che poi si occupano di finanziarci direttamente, noi non riusciremmo a fare niente, io stessa grazie a questo finanziamento, sono potuta tornare in Italia e ora ho delle persone che lavorano con me. Voglio rassicurare i donatori: le vostre donazioni ci arrivano e i soldi sono fondamentali per andare avanti con le nostre ricerche».

Segui la pagina Facebook di PordenoneToday per essere aggiornato sulle notizie di Pordenone e provincia 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Dal Cro di Aviano all'America, il ritorno in Italia del "cervello in fuga": gli studi sul tumore di una ricercatrice pordenonese

PordenoneToday è in caricamento