Caterina, pordenonese in Israele: «Sirene e missili, la città è bloccata»
Sposata con un israeliano, abita da cinque a Tel Aviv. «Se le cose peggioreranno cercheremo di venire in Italia»
Sale la tensione in Israele dopo l'attacco terroristico condotto da Hamas nel sud del paese, e cresce anche la preoccupazione dei civili. Sono diversi i connazionali che risiedono stabilmente nel paese mediorentale e tra questi c'è Caterina Gustinelli, pordenonese di 32 anni, da cinque a Tel Aviv.
Quando è iniziato l'attacco, al mattino di sabato 7 ottobre, Caterina e il marito non avevano percepito la gravità della situazione. «Abbiamo sentito le sirene - racconta - e non avendo un bunker siamo andati nella tromba delle scale e abbiamo aspettato. È una cosa che capita ogni due mesi circa, quindi appena finito l'allarme sono tornata a dormire».
Il risveglio è statoi dei peggiori perché Caterina ha appreso le novità agghiaccianti dai kibbutz vicino al confine e dalla città di Sderot. E da quel momento le cose sono cambiate anche a Tel Aviv, città tutto sommato sicura. L'aeroporto Ben Gurion - principale scalo del Paese - funziona a singhiozzo, la città si è fermata. «Al momento è tutto chiuso a parte qualche supermercato - racconta Caterina - e siamo in attesa di sapere cosa succederà. Questa situazione durerà almeno fino alla fine della settimana».
La preoccupazione in realtà non guarda alla striscia di Gaza, ma al confine nord. «Abbiamo un canale preferenziale per sapere le novità - spiega - e la paura è che arrivino attacchi dal Libano. Hezbollah ha una forza militare ben più ampia di quella di Hamas».
Il pensiero all'Italia
Caterina, dopo il diploma al Liceo Grigoletti si è laureata in veterinaria e si è trasferita cinque anni fa a Tel Aviv dove vive con il marito israeliano e lavora come consulente nel settore medico hi-tech. «Lui è molto preoccupato - racconta - e questo fa preoccupare me. Stiamo cercando una soluzione per venire in Italia ma al momento non ci sono voli quindi non è possibile. Se questa situazione dovesse andare avanti preferirei tornare, lavorando da casa».
Il pensiero intanto è stare sicuri. «Mio marito - spiega - vorrebbe andare a passare la notte in un bunker. I condomini più lussuosi ne hanno uno per i residenti, e in ogni strada ce n'è uno dove la popolazione può accedere».
Le feste nel deserto
Sono almeno 260 i ragazzi uccisi dai terroristi nel deserto. Stavano partecipando al Supernova Festival, che coincideva con la festa ebraica del Sukkot. «Nostri amici hanno perso delle persone che erano lì. È stato uno choc perché in Israele è normale per i giovani fare delle feste del deserto, ci siamo andati anche noi diverse volte».
Tra estremismo e pace
«Tel Aviv è una città progressista - spiega Caterina - quindi ci sono meno problemi di estremismo. Si convive in modo pacifico. Al nostro matrimonio, in Italia, sono venuti ebrei, cristiani, musulmani. E guardando la foto di quel giorno, tutti insieme, penso a quello che vorrei fosse la realtà oggi in Israele».