Maxi operazione antridroga nel Nord Italia, trovato un deposito di hashish in città
Il blitz della guardia di finanza di Torino
A inizio novembre 2023 la guardia di finanza di Torino, con la collaborazione di unità operative di altri reparti del corpo, ha eseguito 13 arresti (tutti su ordine di custodia spiccato da un giudice tranne uno, avvenuto in flagranza) di altrettanti marocchini in Piemonte, Veneto e Puglia smantellando due presunte associazioni dedite al traffico di hashish. Le indagini sono state fatte dal nucleo di polizia-economico finanziaria tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, osservazioni e pedinamenti.
In particolare, il primo dei due citati gruppi è risultato caratterizzato da un’organizzazione stabile e ben delineata, dotata di notevoli risorse strumentali ed economiche e capeggiata da un 44enne di nazionalità marocchina. Lui aveva la propria principale base logistica e il centro degli interessi in Torino e provincia, dove sono risultati dislocati i più importanti depositi utilizzati per i traffici illeciti (a Torino e Piossasco), con qualificati contatti anche in territorio friulano, dove sono state realizzate cessioni di sostanze stupefacenti ed era ubicato un ulteriore deposito a Pordenone. Il sodalizio vantava anche ramificazioni in Veneto, nelle province di Venezia e Treviso.
La significativa forza economica di tale gruppo criminale è emersa, nel corso delle indagini, dalla possibilità di impiegare numerosi autoveicoli (di proprietà o noleggiati) per il ritiro e il trasporto della droga e del denaro guadagnato con i traffici. La banda riusciva a finanziare nuove importazioni di narcotico e a sopportare le ingenti spese per il suo occultamento e trasporto nonostante gli ingenti sequestri di stupefacenti subiti.
Anche il secondo gruppo interessato dalle indagini, guidato da un 48enne marocchino, e da altre due persone, è risultato radicato a Torino e provincia, con collegamenti in Lombardia nelle province di Milano e Varese e in Toscana nella provincia di Pisa. Secondo le ipotesi investigative, si tratterebbe di un’articolazione territoriale, dotata di una sua autonomia operativa e assai strutturata che fa parte di una ben più ampia organizzazione transnazionale, operante in Spagna e destinataria dei proventi delle attività di spaccio, come rilevato, tra l’altro, mediante la ricostruzione di alcuni trasferimenti di denaro illeciti in Spagna avvalendosi dell’intermediazione di alcuni cinesi.
I due sodalizi criminali smantellati sono risultati accomunati dalle ingenti risorse economiche impiegate (derivanti da traffici illeciti), dall’utilizzo di collaudati sistemi per rendere riservate le comunicazioni tra i componenti, dalla capacità di organizzare operazioni funzionali all’acquisto, custodia, detenzione e trasporto della droga, approvvigionandosi principalmente in nord Africa e introducendola sul territorio nazionale attraverso la Spagna. La successiva distribuzione del narcotico, per il cui trasporto sono stati utilizzati anche veicoli modificati e dotati di appositi doppi fondi, si rivolgeva a varie piazze di spaccio del nord Italia.
Nel corso delle investigazioni, nel solo arco temporale da gennaio ad aprile 2022, in provincia di Torino sono stati intercettati e sottoposti a sequestro, in più occasioni e anche con la collaborazione della polizia di Stato, circa 460 chili di hashish, oltre a circa 500 grammi di cocaina e a un chilo di marijuana.
Nel corso dell'operazione e delle relative perquisizioni, i finanzieri hanno individuato altri due depositi di stoccaggio della droga, all’interno di box situati nell’ambito di complessi residenziali. Uno si trovava a Leini, nella disponibilità del secondo gruppo, ove erano custoditi 223 chili di hashish, già confezionati e pronti per l’immissione sul mercato illecito. L'altro è stato scovato a Torino dal cane antidroga Jakora, nella disponibilità di un altro marocchino estraneo all'ordine di custodia cautelare e arrestato in flagranza di reato: qui sono stati trovati e sequestrati 163 chili di hashish. Solo queste ultime quantità di hashish, avrebbero potuto generare, se vendute al dettaglio, un introito illegale di 11 milioni di euro.