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Economia

Industria: preoccupa l'occupazione in Friuli, a Pordenone crescono i lavoratori in difficoltà

I dati dell’osservatorio Industria della Cisl FVG. L'allarme dei sindacati: «Il settore non è pronto affrontare le sfide e le transizioni globali »

Infrastrutture, energie, transizione demografica. Sono queste le sfide dell'industria segnalate dal sindacato Cisl Fvg. Se da un lato il settore industriale del Friuli Venezia Giulia è stabile nonostante siano sensibilmente aumentati i lavoratori con ammortizzatori sociali, dall'altro non sembra pronto ad affrontare le sfide e le transizioni globali che stanno toccando l'intero comparto.

Tutto questo emerge nell'ultima indagine dell’osservatorio della Cisl regionale, presentata nella giornata di ieri a Udine dal segretario generale  Alberto Monticco. Il report mostra una fotografia ben precisa del mondo del lavoro in Regione. Le aziende in difficoltà (61) restano stabili rispetto alla precedente rilevazione (gennaio 203), ma ad allarmare i sindacati è il dato legato ai lavoratori in difficoltà, che passano da 8.287 a 11.788, sugli 11.897 complessivi delle aziende mappate. Le imprese più in crisi sono quelle del settore metalmeccanico (28), seguite a distanza dalle imprese del legno (11) e dai cartai (5). Il pordenonese è la zona più colpita con oltre 4.800 lavoratori coinvolti nella crisi del mercato del lavoro, ma anche Trieste e Gorizia si trovano in netta difficoltà con oltre 2.700 lavoratori.

«La preoccupazione più grande – afferma Cristiano Pizzo – riguarda, dal nostro punto di vista, il posizionamento del Friuli Venezia Giulia rispetto a dei processi ormai ineluttabili e che detteranno le regole da qui in futuro. Crediamo che ora più che mai sia il momento di creare una forte alleanza tra sindacati, parti datoriali e politica per disegnare il nuovo quadro dell’industria regionale: non cabine di regia per tenere sotto controllo o tamponare le crisi, ma per essere davvero proattivi rispetto a delle politiche industriali che vanno ancora costruite in termini durevoli e di prospettiva e rispetto alle quali siamo già in ritardio. Ragionare solo sull’oggi senza una visione prospettica rischia di farci rimanere indietro e questo non lo possiamo permettere».

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