Crolla la produzione industriale, legno in sofferenza in Friuli
I dati regionali del Gruppo Legno, Mobile e Sedia di Confindustria Udine
I primi segnali di un rallentamento della crescita economica si stanno facendo sentire in Friuli Venezia Giulia. Soprattutto in un comparto del Legno-arredo che rappresenta un punto fermo dell'economia di Pordenone. Nel corso della riunione del Gruppo Legno, Mobile e Sedia di Confindustria Udine si è cercato di fare il quadro della situazione in un settore in sofferenza come quello regionale.
«I numeri sono lo specchio di un rallentamento generale dell’economia internazionale e delle politiche monetarie restrittive a livello europeo. Secondo le analisi su dati Istat, la produzione del comparto Legno in Italia – afferma Marco Vidoni di Confindustria Udine -, è diminuita nei primi 7 mesi del 2023 del 13,8% rispetto allo stesso periodo del 2022, quella del comparto Mobili, invece, del 5,9% (manifatturiero -1,9%)».
In Friuli il 20% dell’industria manifatturiera regionale riguarda il settore del legno con 2.316 localizzazioni (imprese + sedi secondarie) e 19.037 addetti. Dopo la frenata subita nel 2020 (-7,3% in Friuli Venezia Giulia rispetto al 2019) nel 2021 si era vista una netta ripresa (+16,1%). Nel 2022 dopo un primo semestre in parte positivo, il comparto ha perso quota nella seconda parte dell’anno (-13,8% sia in Friuli Venezia Giulia). Una tendenza che si è mantenuta nel tempo nel primo semestre 2023 con calo del 10% su tutta la Regione.
«Anche le esportazioni nei primi sei mesi dell’anno in corso – prosegue Vidoni - sono diminuite rispetto al 2022: la variazione in valore in Friuli Venezia Giulia è stata del -21,9% per il comparto del Legno e del -9,9% per quello del Mobile. Se si rivalutano i valori del 2022 e del 2019 a oggi, la diminuzione delle vendite all’estero, a seguito dell’inflazione, è stata maggiore: per il Friuli Venezia Giulia -26,3% il comparto Legno e -15% quello del Mobile rispetto al 2022. Rispetto al 2019 l’export di mobili è cresciuto soltanto del 14,5%, anziché del 32,2%».