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L'inflazione fa schizzare i prezzi: a dicembre +11%

I dati della commissione comunale. A farne le spese sono le famiglie meno abbienti

La “commissione prezzi” del Comune di Pordenone, creata appositamente per fotografare la situazione dei costi per le famiglie alla luce dell’impennata dell’inflazione, ha riportato i dati relativi al 2022. 
Le analisi nei punti vendita della città confermano la forte crescita dei prezzi riscontrata ovunque. L’indice dei prezzi al consumo per la collettività (Nic) segna un +11,0% a dicembre e un +8,4% dell’intero 2022 rispetto all’anno precedente.

Dove aumentano i prezzi

I rincari riguardano tutti gli ambiti, con la sola eccezione delle telecomunicazioni, in lieve flessione. L’aumento tuttavia tocca
Tra le spese per i beni di prima necessità, si registra un +9,4% a Pordenone nel costo degli alimentari, mentre per abitazioni e utenze  si schizza a un +34,2% a Pordenone. Con le tensioni internazionali il 2022 è stato un anno molto difficile per le spese riferite a “energia elettrica, gas e altri combustibili” con un incremento del +82,1% rispetto ai dati del 2021.
Occorre tornare ai primi anni ’80 per avere esperienza diretta di un quadro simile di inflazione. 

A farne le spese sono i meno abbienti

Le famiglie che più risentono degli aumenti dei prezzi sono quelle meno abbienti. Istat infatti certifica che si è ampliato il differenziale inflazionistico tra il 20% delle famiglie con minori capacità di spesa rispetto al 20% con maggiori capacità di spesa.
Come sempre in questi casi, a farne le spese sono sempre i cittadini più poveri. Le famiglie meno benestanti vedono nei propri acquisti una maggiore incidenza dei beni materiali rispetto ai servizi. Cioè chi ha un reddito più basso, spenderà una percentuale più alta del suo budget complessivo in alimentari e altri beni di prima necessità rispetto a chi ha un alto potenziale di spesa. 

A Pordenone, con dati simili in tutta Italia, la crescita dei prezzi dei beni materiali è del +12,2% mentre quella dei servizi si ferma al +3,3%. Questo differenziale agisce a discapito dei meno abbienti, che già prima si trovavano in difficoltà a soddisfare i bisogni primari. 
 

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