Nidec, il piano industriale non soddisfa i sindacati: scatta lo sciopero di tre ore
Le associazioni sindacali hanno bocciato il possibile taglio della retribuzione dei lavoratori
È scattato ieri lo sciopero di tre ore e mezza per ogni turno dei lavoratori Nidec, azienda specializzata nella progettazione di motori elettrici. Ciò è avvenuto poco dopo l'incontro che si è tenuto tra i vertici dell'impresa e i sindacati. Un colloquio che doveva essere incentrato sul piano industriale dello stabilimento dopo la notizia della rinuncia dell'acquisizione di Electrolux da parte del gruppo cinese Midea.
Parte della produzione di Nidec (circa il 70%) è strettamente collegata al mercato degli elettrodomestici della multinazionale svedese. Per questo si attendeva un piano industriale strutturato che in verità non ha soddisfatto i sindacati. Se da un lato si parla di trasferire alcune lavorazioni dal Veneto in Friuli, dall'altro c'è un passaggio dove l'azienda chiede di rivedere parte del salario aggiuntivo che garantisce un aumento della retribuzione dei lavoratori in base alla produttività.
Il segretario del Pd Tomasello: «Muoversi subito per tutelare i lavoratori »
«Nidec brancola nel buio e va avanti per tentativi: non può essere lasciata sola. - afferma Fausto Tomasello del Partito democratico- Dopo mesi di stallo in attesa del destino di Electrolux, è necessario lavorare a un nuovo piano industriale, aprire una nuova discussione su proposte serie e possibilmente diversificate, con il Governo e con i sindacati in prima fila. Muoversi subito può servire a evitare che la situazione incancrenisca e che a pagarne il prezzo siano sempre i lavoratori».
Il segretario provinciale del Pd per la provincia di Pordenone è preoccupato per la situazione dell'azienda pordenonese Nidec.
«Il Partito democratico è assolutamente solidale con i lavoratori e – aggiunge il segretario dem - con lo sciopero contro la proposta della Nidec di mettere mano al salario aggiuntivo. Al contempo chiediamo che il Governo e la Regione intervengano e garantiscano il supporto di cui l’azienda ha dichiarato di aver bisogno per procedere alla concentrazione della produzione in Comina. Vedremo così – conclude Tomasello - se la volontà è autentica o no».