A Pordenone è sempre più difficile trovare lavoratori
Lo sostiene l’Ufficio studi della CGIA di Mestre. Dalle ultime rilevazioni più di un posto di lavoro su su due rimane scoperto.
Nella città di Pordenone è sempre più complesso trovare personale. Lo afferma lo studio della CGIA di Mestre su dati Excelsior-Unioncamere secondo cui le maggiori difficoltà di assunzione sono concentrate soprattutto nel Nordest.
I dati in Regione
Stando al report pubblicato in questi giorni nel 2022 in Friuli Venezia Giulia sono più di 52mila i posti difficilimente reperibili. Una questione che è stata toccata con mano dal 48,3% delle imprese in Regione, superata solo dal Trentino Alto Adige con una percentuale che va oltre il 50%.
Le maggiori criticità sono state riscontrate a Pordenone dove più di un posto di lavoro su su due rimane scoperto. Delle entrate previste per il 2022 (26.790 assuzioni) le aziende hanno trovato difficoltà a cercare professionisti con una percentuale che si aggira sul 52%. Solamente Bolzano ha una situazione peggiore (52,5%), ma dietro alla città della Destra Tagliamento si trova anche Gorizia con una cifra che tocca il 48,8%. Seguono Udine con circa 22mila posti scoperti (47,8%), e Trieste con 9mila (44,2%). Tra le figure più richieste ci sono camerieri, baristi, commessi, cuochi in alberghi e ristoranti e operatori che svolgono servizi di pulizia in uffici ed esercizi commerciali.
Il dato nazionale
Se da un lato i disoccupati in Italia sono poco meno di due milioni (di cui 800 mila circa in età compresa tra i 15 e i 34 anni), secondo la Cgia di Mestre mancherebbero un milione i lavoratori che potrebbero trovare subito posto in un'azienda. Tra le ragioni, oltre al calo demografico che riguarda l'intero Paese, c'è anche una questione legata alle competenze cercate dalle imprese.
«Per contrastare il disallineamento tra scuola e lavoro – commenta il segretario della CGIA Renato Mason – dobbiamo investire sull’orientamento, spiegando agli insegnati, alle famiglie e ai ragazzi che nella vita professionale ci si può affermare anche come lavoratori autonomi. Più in generale, comunque, bisogna ridare dignità al lavoro manuale, pagarlo di più e ricordare a tutti che gli istituti professionali e quelli tecnici non sono scuole di serie B, ma realtà che sono in grado di formare gli operai e i tecnici del futuro, molti dei quali lavoreranno in camice bianco e in dotazione avranno strumentazioni tecnologiche dal valore economico di migliaia e migliaia di euro».