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Venerdì, 19 Aprile 2024
La storia

Remo Anzovino: «La musica non ha senso senza il legame con il pubblico»

L'intervista al compositore che ripercorre dieci anni di successi in un unico grande concerto in programma al Teatro Verdi

Sono successe molte cose dopo quell’ultimo concerto che si è tenuto al Teatro Verdi. Dieci anni che si sono tradotti in 17 album tra dischi di studio, colonne sonore e lunghi tour in giro per il mondo, dall’America fino in Giappone, dove presto tornerà dopo la notte pordenonese del 29 novembre. Remo Anzovino, classe 1976, ha comunque bene in mente il ricordo di un live che offre varie chiavi di lettura. «È la prima volta che ho suonato dal vivo di fronte al pubblico il brano 9 ottobre 1963 (Suite for Vajont)», afferma il compositore, «un momento di forte emozione perché avevo da poco pubblicato il quarto album che si chiamava Viaggiatore immobile. Quel che mi rimase però impresso fu che quel concerto fu ripreso dalla Rai e trasmesso la notte del 9 ottobre su Rai 5. Un vero e proprio debutto per il teatro di Pordenone su un canale tematico del servizio pubblico che mi fece molto piacere». 

Come descriverebbe questo decennio di musica?

«È stato sicuramente un momento di grande crescita personale e professionale. Avere oggi solo su Spotify più di 22 milioni di streaming è stato qualcosa di inaspettato, ma è allo stesso tempo frutto di un percorso maturato nel tempo grazie a quei semi che mi hanno permesso di costruire il mio linguaggio».

Cosa prova quando suona davanti a un pubblico internazionale?

«Un’emozione enorme. La musica ha senso solo se esiste un pubblico che ha desiderio di ascoltarla, e ogni volta che affronti un palcoscenico in un paese con una cultura diversa dalla tua è come se stessi testando la musica che hai scritto. È successo varie volte a Tokyo, Londra, New York e recentemente anche ad Ankara dove tutti i concerti sono sempre finiti con un'ovazione del pubblico. Credo che il segreto sia proprio nella musica che riesce a trasmettere un messaggio che arriva a tutto il genere umano indipendentemente dalla cultura. Brani che devono essere capaci di esprimersi liberamente in assenza del vincolo del linguaggio. Per questo ritengo che una composizione deve avere la capacità di produrre continuamente immagini che non appartengono più all’autore, ma a tutte le persone che riescono in qualche modo a riconoscersi in quelle note».

Quando è stato il vero punto di svolta della sua carriera?

«La colonna sonora sul Premio Nobel per la letteratura Peter Handke è stata fondamentale perché mi ha consentito di avere la prima grande occasione al cinema con Hitler contro Picasso, con Toni Servillo. Le musiche prodotte per quel film oggettivamente ebbero molto successo e da lì sono nate altre opportunità fino all’ultimo racconto dedicato alla Regina Elisabetta II». 

Una curiosità. Come si compone una colonna sonora per il cinema?

«Nel mio caso ho applicato un approccio che permette una maggiore autonomia della musica dalle immagini. È una tecnica che ho imparato quando ero giovane durante le Giornate del Cinema Muto. In pratica osservavo il film per poi spegnevo il monitor. L’esercizio mi portava a ricordare le emozioni provate da quella serie di immagini che avevo appena visto, e da lì iniziavo a comporre l'idea principale che si trasformerà poi nella colonna sonora originale. È un processo graduale che garantisce una forte artisticità e libertà creativa. Più una storia mi emoziona, più il suono diventa autentico, fino a possedere una sua identità». 

Quali sono i lavori a cui è più legato?

«Dal punto di vista emotivo ce ne sono due in particolare: Van Gogh: Tra il grano e il cielo e Frida - Viva la vida. Per ragioni diverse. Nel caso di Van Gogh trovare un punto di equilibrio era difficile e quando ci riuscì lo ricordo come un momento di grande gratificazione personale, dato che la sua figura non era né banale né semplice da tradurre in suono. I brani su Frida Khalo sono stati una colonna sonora fondamentale per il mio percorso compresa la canzone del film che ancora oggi è difficile da dimenticare. Se si guarda invece al lato tecnico sono molto legato a Ritratto di Regina. È stata una bella sfida, grazie all’orchestra che mi ha supportato, creare una musica adatta al volto di Elisabetta II». 

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