Accabadora, al Verdi lo spettacolo tratto dal romanzo di Michela Murgia
Si apre lunedì 6 novembre al Teatro Verdi di Pordenone, con un’attesissima esclusiva regionale, il cartellone “Nuove Scritture”, percorso di nuova drammaturgia che si muove tra letteratura, memoria, poesia e impegno civile. Alle 20.30, sul palco della Sala Grande del Verdi (invece che in Sala Palcoscenico come inizialmente programmato, viste le numerose richieste) di scena il monologo Accabadora tratto dal bellissimo e celebre romanzo di Michela Murgia (Giulio Einaudi Editore, Premio Campiello 2010), un racconto di insita teatralità e bruciante attualità che affronta un tema dibattuto come quello dell’eutanasia.
La drammaturgia è firmata da Carlotta Corradi che nella riduzione teatrale parte dal punto di vista di Maria, figlia adottiva dell’accabadora Bonaria Urrai. A interpretarla è Anna Della Rosa, una delle attrici più in vista della scena italiana, diretta dalla mano esperta della regista Veronica Cruciani.
Lo spettacolo
In un paesino immaginario della Sardegna anni ’50, Maria, povera e orfana, viene adottata da Bonaria Urrai, una sarta che vive sola e all’occasione fa l’accabadora, colei che, secondo tradizione, aiuta le persone a morire. Agli occhi della comunità il suo non è il gesto di un’assassina, ma quello amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. Maria cresce nell’ammirazione di questa nuova madre, più colta e più attenta della precedente, fino al giorno in cui scopre la sua vera natura. È allora che fugge in “continente” per cambiare vita e dimenticare il passato. Anni dopo, quando l’anziana donna sarà in punto di morte, Maria tornerà per assisterla, con una toccante “resa dei conti” emotiva, perché l’accudimento finale è uno dei doveri dell’essere “figlia d’anima”, una forma di adozione concordata tra il genitore naturale e il genitore adottivo. È a questo punto della storia che comincia il testo teatrale. Maria è ormai una donna, o vorrebbe esserlo. Ma la permanenza sul letto di morte della Tzia mette in dubbio tutte le sue certezze. “Da subito ho immaginato il dialogo tra Maria e Tzia Bonaria”, spiega la regista, “come un dialogo tra sé e una parte di sé, tra una figlia e il suo genitore interiore. Per questo ho voluto realizzare uno spazio astratto, mentale, nel quale Maria cerca di rielaborare la morte della madre adottiva. Ciò darà origine ad un conflitto tra due aspetti di Maria: la parte rimasta bambina e la parte che deve diventare adulta”. Lo spettacolo è prodotto da Savà Produzioni Creative, Ert-Emilia Romagna Teatro Ert-Teatro Nazionale.