Aldo Cazzullo a Maniago presenta il suo ultimo libro su Mussolini
Si preannuncia come un incontro speciale, per rileggere insieme la storia d’Italia attraverso l’analisi di una voce di riferimento del nostro tempo, quello in programma sabato 21 gennaio, alle 20.45, al Teatro Verdi di Maniago. Protagonista sarà il giornalista Aldo Cazzullo, editorialista e vicedirettore del Corriere della Sera, autore del saggio “Mussolini il capobanda” (Mondadori), che ci proietta a ritroso verso un ventennio plumbeo, quello dello scorso secolo, avviato con la famigerata Marcia su Roma del 1922, e proseguito fra tribunali speciali e polizia politica. L’incontro con Aldo Cazzullo, in programma originariamente lo scorso settembre nell’ambito della 23^ edizione di pordenonelegge, era stato aggiornato a nuova data per l’improvviso impegno del giornalista, inviato ai funerali della Regina Elisabetta. La serata di Maniago, promossa dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con Fondazione Pordenonelegge, sarà arricchita dalle letture live di passaggi salienti del libro, affidate all’attore Paolo Mutti. Ingresso libero ma è consigliata la prenotazione su https://www.pordenonelegge.it/account/login. Info pordenonelegge.it Tel. 0434.1573100 mail segreteria@pordenonelegge.it
Il libro
«Cent'anni fa la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l'aveva messo al mondo»: comincia così il racconto di Aldo Cazzullo su Mussolini. Una figura di cui la maggioranza degli italiani si è fatta un'idea sbagliata, quella di uno statista che fino al '38 le aveva azzeccate quasi tutte. Peccato l'alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra. Non solo. Cazzullo ricorda che prima del '38 Mussolini aveva provocato la morte dei principali oppositori: Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, don Minzoni, Carlo e Nello Rosselli. Aveva conquistato il potere con la violenza - non solo manganelli e olio di ricino ma bombe e mitragliatrici -, facendo centinaia di vittime. Fin dal 1922 si era preso la rivincita sulle città che gli avevano resistito, con avversari gettati dalle finestre di San Lorenzo a Roma, o legati ai camion e trascinati nelle vie di Torino. Aveva imposto una cappa di piombo: Tribunale speciale, polizia segreta, confino, tassa sul celibato, esclusione delle donne da molti posti di lavoro. Aveva commesso crimini in Libia - 40 mila morti tra i civili -, in Etiopia - dall'iprite al massacro dei monaci cristiani -, in Spagna. Aveva usato gli italiani come cavie per cure sbagliate contro la malaria e per vaccini letali. Era stato crudele con tanti: a cominciare da Ida Dalser e dal loro figlio Benitino. La guerra non fu un impazzimento del Duce, ma lo sbocco logico del fascismo, che sostiene la sopraffazione di uno Stato sull'altro e di una razza sull'altra. Idee che purtroppo non sono morte con Mussolini. Anche se Cazzullo demolisce un altro luogo comune: non è vero che tutti gli italiani sono stati fascisti. E l'antifascismo dovrebbe essere un valore comune a tutti i partiti e a tutti gli italiani.