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Venerdì, 26 Aprile 2024

John Landis: «È solo il tempo a decidere se un film ha successo»

Il regista presente all'incontro Vestire Norma Talmadge: la moda nel cinema delle origini organizzato da Michelle Tolini Finamore e Deborah Nadoolman Landis

John Landis, in questi giorni a Pordenone alle Giornate del Cinema Muto insieme alla moglie Deborah Nadoolman Landis, è considerato uno dei più grandi registi contemporanei. I suoi film spaziano dalla commedia all'horror, generi che sono stait: The Blues BrothersUn lupo mannaro americano a Londra, persino uno dei videoclip più celebri di Micheal Jackson, Thriller, è frutto del suo genio creativo.

Eppure il grande pubblico lo associa a un film che è diventato parte del nostro immaginario cinematografico. Una poltrona per due, con protagonisti Dan Aykroyd, Eddie Murphy e Jamie Lee Curtis, è diventato un cult a tal punto da avere un appuntamento fisso in televisione, durante la vigilia di Natale. Dunque curiosità di sapere da lui la ragione dietro a questo successo era davvero troppo forte.

«Che sia un film, un'opera d'arte o un romanzo, è sempre il tempo a stabilire il suo successo», afferma John Landis - «Anche dopo 500 anni un racconto non perderà mai la sua bellezza, la sua ironia oppure il suo lato più drammatico».  Ci sono state infatti un sacco di storie elogiate dalla critica ma che alla fine non sono andate molto bene, così come film stroncati sul nascere che hanno ottenuto il favore del pubblico. Alla fine è l'esperienza, l'identità del singolo spettatore e la condivisione a determinare la buona riuscita di un film come Una poltrona per due.

I costumi nel cinema muto

In occasione delle Giornate del Cinema Muto verrà inoltre inaugurata una serie annuale di conferenze dedicate al tema del costumi nel cinema muto. Un'iniziativa nata grazie allo studio di Michelle Tolini Finamore, direttrice del David C. Copley Center for Costume Design dell'UCLA. Vestire Norma Talmadge: la moda nel cinema delle origini vedrà inoltre un'introduzione speciale di Deborah Nadoolman Landis, costumista conosciuta, oltre che per The Blues Brothers, per Il principe cerca moglie grazie al quale ottenne la candidatura agli Oscar.

Nel corso della conferenza si è parlato della storia del costume e del legame con la narrativa che è qualcosa di fontamentale nonostante sia stata spesso sottovalutata nel tempo. Le emozioni del pubblico e il successo di un film derivano da ciò che si vede nello schermo. Il cinema è sostanza oltre allo stile, ed è estremamente importante riconoscere ogni sua componente per un giudizio complessivo dell'opera. Deborah Nadoolman Landis è particolarmente legata a Pordenone, e ricorda perfettamente la visione delle oltre sei ore di Les Miserables insieme a John Landis - anche lui presente in questa conferenza. Era il 2016 ma fu quell'input a portarla a scoprire i disegni dei costumi alla Cinémathèque française e a intraprendere la via che porterà poi a queste conferenze insieme a Michelle Tolini Finamore.

La moda del cinema delle origini: l'incontro alle Giornate del Cinema Muto

Aneddoti

Così come il cinema non è mai stato muto (c'era sempre il sonoro ad accompagnare le proiezioni), lo stesso vale per i costumi che hanno sempre contribuito ad accrescere la qualità di un film. Deborah Nadoolman Landis comincia a raccontare diversi aneddoti legati alla figura di Piero Tosi. «Ha sempre creduto che la storia potesse essere migliorata», riferendosi agli abiti del Gattopardo. E questo valeva anche per i film del neorealismo, quando si trovava a scattare delle fotografie dentro la Stazione Centrale di Milano. Ad un certo punto trovò un cardigan indossato da una donna, ma solo dopo una lunga trattativa - culminata dalla pronuncia del nome di Anna Magnani - si arrivò a una soluzione: «Se era per lei, glielo cedevo gratis» disse a Tosi che aveva finalmente ottenuto il capo perfetto per l'attrice.  

Non si è risparmiato nemmeno il regista John Landis parlando di aneddoti, e alla domanda sul rapporto con Hitchcock - presente al festival con uno dei suoi ultimi lavori prima dell'avvento del sonoro - si è ricordato di quando si arrabbiò notevolmente quando si trovò di fronte a una locandina di un film che utilizzava il termine hitchcockiano per promuoverlo in sala. Odiò terribilmente quel racconto, ma alla fine fu il suo sense of humor ad avere la meglio. «Questo era Alfred Hitchock - conclude Landis -  anche non posso raccontarne altri dato che erano piuttosto volgari». 

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