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Sanità in affanno e personale in fuga: «Basta privatizzazioni, rendere più attrattiva la professione»

Le parole di Gaia Magro, infermiera e membro del Comitato Salute Pubblica Friuli Venezia Giulia, in occasione dell'incontro organizzato dalla Cgil  Pordenone

Diritti, istruzione, democrazia e lavoro. Sono questi alcuni temi trattati in occasione dell'incontro che si è tenuto ieri, 20 settembre, all'auditorium della Regione di Pordenone. L'evento è stato organizzato dalla Cgil  Pordenone in vista della manifestazione in programma l'8 ottobre a Roma. Si è parlato di costituzione, di autonomia differenziata e di accoglienza, tema di stretta attualità visto il caso dei migranti trasferiti in queste ore in un hangar in Comina. Un altro argomento spinoso è la sanità come ci ha ricordato proprio in uno degli ultimi interventi Gaia Magro, infermiera e membro del Comitato Salute Pubblica Friuli Venezia Giulia. Tra privatizzazioni e carenza di personale, diventa sempre più complesso garantire un servizio efficiente agli assistiti in Regione così come in tutto il Paese. 

Dunque quali sono le ragioni che vi porteranno a manifestare a Roma il prossimo ottobre?

«Riteniamo che la salute sia stata messa in discussione sia a livello nazionale che a livello regionale. Sono state emanate troppe leggi che hanno tagliato la sanità pubblica e gli effetti assolutamente negativi per la cittadinanza sono sotto gli occhi di tutti».

Quali sono le criticità emerse nel pordenonese?

«In primis l'accesso ai servizi garantiti dal medico di medicina generale. Ci sono centinaia di persone ancora scoperte vista l'assenza di un professionista nelle zone periferiche come per esempio quelle di montagna. Allo stesso tempo ci vengono segnalate problematiche legate alle prestazioni sanitarie e all'accesso alle cure gratuite. Di conseguenza stiamo assistendo a continue esternalizzazioni dei servizi sanitari che toccano solamente prestazioni di carattere ambulatoriale ma anche quelle funzioni essenziali per un paziente, dal pronto soccorso, la radiologia alla gestione dei laboratori».

Altro tema sono le tempistiche

«Esatto. Nonostante un aumento di risorse destinate ad alcuni servizi non c'è stata un'effettiva riduzione dei tempi d'attesa. Stesso discorso per il pronto soccorso di Pordenone dove la situazione continua a essere critica e per garantire l'accesso della cittadinanza l'azienda ha quindi scelto di dare parte del servizio in gestione a enti privati».

Per non parlare della carenza di personale

«Abbiamo Comuni come Montereale ancora sprovvisti del medico di base. Lì abbiamo un'intera fetta di popolazione che non ha accesso al medico di medicina generale. C'è chi parla di emergenza ma sono gli effetti dei pensionamenti programmati nel corso degli anni. Il vero problema è che è mancata la gestione del fabbisogno a livello territoriale».

Di recente sono stati inoltre segnalati casi di aggressione all'ospedale di Pordenone

«Casi come questi sono purtroppo sempre più frequenti anche se in misura limitata sia nella nostra regione. In sede si stanno adottando diverse misure come per esempio attività di formazione per i dipendenti in modo da essere in grado di gestire pazienti complessi e situazioni in cui si alza il livello di tensione. Sono episodi che vanno condannati perché gli operatori non sono responsabili direttamente di eventuali ritardi. Come Comitato di Salute Pubblica vogliamo però riflettere anche sulle cause di queste aggressioni frutto di condizioni di insicurezza, di senso di abbandono e di frustrazione dei cittadini, anche se tutto ciò non giustifica alcuni comportamenti violenti e inaccettabili sul posto di lavoro».

Quali sono allora le soluzioni? 

«Creare un clima di benessere organizzativo in modo evitare che ci sia un ulteriore fuga di professionisti che andrebbe a peggiorare ulteriormente la situazione. Bisogna inoltre rendere più attrattiva la professione. Come comitato abbiamo pensato che possono essere dati degli alloggi per medici che vengono a lavorare in questa regione e chiamati a coprire zone periferiche come quelle di montagna. Misure che vengono già adottate in altre regioni che hanno difficoltà a avere personale come il caso della provincia autonoma di Bolzano».

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