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la sentenza / Pordenone Nord / Via Montereale

Morto per l'amianto nella caserma di via Montereale: alle vedova 500 mila euro

Piero Caratelli aveva svolto il servizio di leva alla caserma Martelli, sede dell'ottavo reggimento bersaglieri

Durante il servizio militare, svolto alla caserma Martelli di via Montereale a Pordenone, è stato esposto all'amianto. Ed è stata questa la causa della sua morte, molti anni dopo. 
Per questo il Tribunale di Roma ha condannato il ministero della difesa al risarcimento di 504 mila euro nei confronti di Irene Lupino, vedova del cannoniere Piero Caratelli, deceduto a 71 anni nel marzo del 2018 per un mesotelioma peritoneale (un raro tumore, ndr) da esposizione ad amianto nei mezzi corazzati. 

L’uomo è stato esposto a forti dosi di fibra killer e ad altri agenti tossici nocivi, incluse sorgenti radioattive da metalli pesanti (uranio impoverito, radon, e altri) durante il servizio di leva, svolto dall’ottobre del 1966 al dicembre 1967, nella caserma che fu sede dell'8° Reggimento dei Bersaglieri. Oggi buona parte dell'insediamento militare non esiste più e al suo posto ci sono il nuovo ospedale e la cittadella della salute. 
Il ministero della Difesa già nell’ottobre 2020 era stato condannato in via definitiva al riconoscimento di vittima del dovere del militare e il Ministero dell'Interno a concedere a lui e alla vedova i benefici assistenziali e quelli spettanti alle vittime del dovere, del terrorismo e della criminalità organizzata.
Quest’ultima sentenza risarcitoria, oggi passata in giudicato, risale al mese di aprile e sancisce la vittoria definitiva della vedova di Caratelli che, nella ricostruzione dei fatti, aveva prestato servizio in assenza di "strumenti di prevenzione tecnica e di protezione individuale", conducendo svariati mezzi ruotati e cingolati in dotazione al Reparto e manipolando altresì materiali contenti il pericoloso patogeno, anche nel corso di interventi di manutenzione e riparazione di parti meccaniche.
Si legge ancora nella sentenza che Caratelli: “molto probabilmente, aveva in dotazione il sistema d'arma costituito dalla mitragliatrice bivalente MG42/59 NATO. In relazione a detto sistema, i guanti e le pezze di amianto costituivano la dotazione indispensabile per manipolare le parti roventi delle armi stesse”
Come se non bastasse non solo la caserma, ma anche gli altri edifici, le officine meccaniche e il parco mezzi, erano realizzati con materiali e laterizi in amianto e/o contenenti amianto. Cosa che espose l’uomo, sia direttamente sia indirettamente, al killer invisibile. “Questa vittoria ha un sapore dolce-amaro. In ogni caso, la storia di questo militare è un grido di allarme, che ci costringe a non dimenticare, a combattere per la giustizia e a proteggere coloro che, come lui, hanno inalato la fibra killer” – è il commento dell’avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari della vittima.

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