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Lunedì, 29 Aprile 2024
Salute

L’allarme di Legambiente: «Sulla prevenzione del West Nile virus non si è fatto nulla»

L’associazione sostiene che la Regione non ha aggiornato il suo piano contro la proliferazione delle zanzare con le direttive nazionali 2020-2025

Oltre il danno, la beffa. Legambiente, in una nota pubblicata in queste ore, non ci gira intorno nel trattare il caso West Nile virus che ha colpito le zone della provincia di Pordenone: Sacile, Cordenons, Fontanafredda, Porcia, Vivaro, Pravisdomini, Chions e lo stesso capoluogo nel quartiere Vallenoncello. L’associazione però accusa la Regione ci essere già a conoscenza da una decina d’anni dei problemi legati all’endemicità del West Nile virus. Lo dimostra la presenza di un piano regionale di sorveglianza e gestione delle arbovirosi trasmesse da zanzare del 2016 ma che, secondo Legambiente, non è stata mai aggiornata con le direttive del piano nazionale. L’organizzazione sostiene inoltre che sul tema della prevenzione non si è fatto nulla fino a che non è scattata l’emergenza. 

L’episodio del 2019

Ciò nonostante il caso positivo avvenuto durante l’estate del 2019 quando fu chiaro che la prevenzione avrebbe avuto dei benefici immediati. La collaborazione tra la Direzione Regionale della Salute, l’istituto Zooprofilattico delle Tre Venezie, i Comuni interessati, i Dipartimenti di prevenzione e la ditta che aveva ricevuto l’appalto aveva infatti determinato un approccio di sistema che non doveva focalizzarsi su specifiche aree ma che doveva coprire tutti i possibili luoghi ospitanti delle uova: caditoie, tombini, pozze d’acqua. In pratica tutte le zone nelle quale l’acqua ristagni. Altro aspetto fondamentale è che l’azione doveva essenzialmente puntare sui giovani insetti, ovvero le larve, in modo da utilizzare prodotti a basso impatto ambientale come il Bacillus thuringiensis israeliensis, al contrario delle piretrine di sintesi che colpiscono gli adulti. 

Il piano nazionale

Ad appoggiare questa tesi non è solo Legambiente, a dire il vero, ma lo stesso Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi 2020-2025: «I trattamenti ordinari antilarvali in aree urbane dovranno attivarsi precocemente, non appena il sistema di monitoraggio rilevi la presenza di larve (o, in assenza di questo, a partire dal mese di maggio), e dovranno essere condotti con una cadenza dettata dal tipo di principio attivo utilizzato, dalle condizioni climatiche e dal tipo di focolaio». 

Tra le altre raccomandazioni il piano esplicita un programma «di interventi diretti alla riduzione del rischio di diffusione, che includano sia misure precauzionali finalizzate a prevenire la trasmissione dell’infezione che azioni mirate contro il vettore». Come ad esempio:

  • Intensificare le attività di rimozione dei focolai larvali e le attività larvicide nei focolai non rimovibili nel territorio;
  • potenziare l’informazione affinché le persone che vivono o lavorano nell’area provinciale interessata adottino le misure di protezione individuale e collaborino alle attività di rimozione dei focolai larvali e alla attività larvicide nei focolai non rimovibili nelle aree private.

Tutto questo non è stato fatto, e il risultato, conclude Legambiente, è una scarsa efficacia nelle recenti operazioni di disinfestazione delle zanzare, usando le piretrine di sintesi che hanno un forte impatto su tutti gli organismi presenti sull’ecosistema, specialmente quelli acquatici. La cipermetrina, si legge nella nota «rimane attiva molto a lungo e non è per nulla selettiva», colpendo tutto ciò con cui viene a contatto per diversi giorni. 

Per queste ragioni tutte le associazioni richiedono che vengano pubblicate le motivazioni legate a questi interventi e alle informazioni «rassicuranti ma inesatte» che sono state distribuite ai Comuni e alla popolazione in merito alle singole operazioni. Il tutto con un augurio che venga aggiornato il Piano regionale di sorveglianza e gestione e che  vengano rispettate tutte le procedure in futuro.

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