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Economia

Cimolai, le operazioni in derivati ammonterebbero a un miliardo di euro

Lo riporta Il Sole 24 Ore. I contratti avrebbero portato a una perdita di 200 milioni

Sul caso dei derivati di Cimolai ci sono ancora molti interrogativi. Al momento, come riporta Il Sole 24 Ore, al centro ci sarebbero alcune operazioni con 21 banche e broker che ammonterebbero a circa un miliardo di euro. In verità non ci sarebbe nulla di male nel stipulare certi tipi di accordi. Come afferma lo stesso giornale, quando si tratta di una multinazionale che opera all’estero è necessario tutelare l’azienda da eventuali rischi valutari. Il cambio di valuta in questione tra euro e dollaro, che inizialmente tendeva al rialzo del primo rispetto al secondo.  Proprio in ragione di questo aumento - che avrebbe di fatto influito sugli investimenti - che sono partite le operazioni che andavano a scommettere sull’incremento dell’euro, che ora ha toccato i minimi rispetto agli ultimi 20 anni. I contratti avrebbero portato a una perdita di 200 milioni per Cimolai, che adesso sta correndo ai ripari per proteggere gli stabilimenti insieme ai suoi dipendenti. 

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La regolazione della crisi

L’azienda aveva comunicato in una nota del 20 ottobre di aver provveduto «al deposito presso il Tribunale di Trieste della domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi previsti dal Codice della crisi d’impresa». La richiesta che di fatto cerca di mettere in sicurezza la società e l’occupazione «garantendo la continuità produttiva con un portafoglio ordini di oltre 830 milioni».

Con una squadra di consulenti (tra cui Lazard, Ifa Consulting di Verona, e i legali Luca Zamagni del Foro di Rimini che operano insieme al team del Gruppo Bruno Malattia e dello studio legale Molinari Agostinelli) stanno cercando nuovi investitori esteri, così come stanno provando a capire se esiste la possibilità di sospendere o annullare questi accordi dato che il direttore finanziario non aveva queste funzioni con l’eccezione delle banche. Nei prossimi 120 giorni dovrà presentare un piano industriale efficace, ma il giornale si chiede come mai si sia arrivati a questa mole di investimenti, «sproporzionati rispetto al giro d’affari in valuta estera del gruppo» visto che si parla del 50% di fatturato fuori dai confini nazionali. 

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